Arte generativa: la creatività che sfrutta sistemi non umani | Vademecum delle arti digitali

Nel 1793, Mozart realizzò il Musikalisches Würfelspiel (“gioco musicale con i dadi”), un semplice gioco che associava i numeri casuali ottenuti dal lancio di una coppia di dadi a dei minuetti prestabiliti e scritti su una tabella. Questo probabilmente è uno tra i primissimi esempi di arte generativa della storia.

L’Arte generativa, ovvero “arte che genera arte”, è una pratica che dà vita a vere e proprie opere creative sfruttando sistemi non umani: informatici, robotici, meccanici o chimici.

In questa forma d’arte, in genere, l’intervento dell’artista si limita alla sola predisposizione di un motivo di base chiamato pattern (la tabella di Mozart); talvolta però non c’è neanche quello e tutto il procedimento casuale-creativo viene affidato al sistema non umano (ad esempio ad un algoritmo).

Nell’arte generativa, sperimentata in modo discontinuo a partire dagli anni ’80 sia nelle arti visive che in campo musicale e letterario, l’intenzionalità dell’autore viene sminuita al punto da essere in alcuni casi completamente negata. Involontarietà e casualità sono infatti le parole chiave alla base di qualsiasi opera di questo tipo.

In campo digitale forme di arte generativa sono sempre state inseguite con risultati altalenanti. Non fa eccezione la crypto art che sfrutta algoritmi generativi per dare vita a serie di personaggi, ad esempio i CryptoPunk, che si diversificano tra loro anche per una sola caratteristica.

Più interessanti invece appaiono tutte quelle sperimentazioni di arte generativa che sfruttano l’intelligenza artificiale per creare installazioni visual/sound frutto della collaborazione tra artisti, musicisti, programmatori e tecnici del suono.

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